Chi
promuove la danza, ma è estendibile a tutto lo spettacolo dal vivo, chi
pianifica un progetto culturale , avrebbe il dovere, prima di ogni altra
cosa, di
intessere una relazione intima e profonda con il luogo. Dovrebbe porsi,
cioè, in una
situazione di ascolto, tentare di percepire l’invisibile che sta dietro
al visibile per entrare in contatto con l’essenza di quel piccolo
contesto sul quale ha deciso di intervenire ... e soprattutto
conoscere/sapere cosa ci va a fare.
Già, perché se la danza è il linguaggio che meglio di altri esprime lo
spazio, anche i luoghi chiamano, evocano, ci inseguono e, quando
vogliono, sanno farsi scoprire, anche intimamente.
Gli antichi avevano compreso l’importanza e la complessità di questo
processo al punto che nel mondo greco classico, la scelta
del luogo dove costruire una nuova colonia era affidato all’ecista, personaggio a metà
strada tra il condottiero, il sacerdote, il filosofo e l’architetto, il
quale sapeva interpretare presagi, segni, narrazioni, semiologie dei
luoghi, oltre che gli elementi geografici.
Ma la precisa identificazione di quest’idea di “essenza interiore” del luogo fu coniata dai latini con il Genius Loci
(con le iniziali maiuscole perché trattasi pur sempre di una divinità, che con estrema semplificazione
potremmo definire come lo spirito, il nume tutelare di ogni singolo luogo.
Queste le suggestioni che hanno segnato il progetto del Circuito Danza Lazio...
promuovere la Danza a condizione di restituirla allo spazio
meglio se luogo, perchè come tale è sinonimo di comunità.
quale danza è importante,
non meno di quale luogo.