da Roberto Giannetti
Spetterà al coreografo Loris Petrillo concludere la rassegna “Una danza in Sicilia”, la manifestazione che ha visto alternarsi sul palcoscenico del teatro Montevergini di Palermo alcune tra le più prestigiose compagnie di danza contemporanea. Incontriamo l’artista a pochi giorni dal debutto del suo spettacolo “M.Carne della mia carne”, produzione MDA Produzioni Danza/Petrillo Danza, una performance di danza incentrata sul “Complesso di Medea” in scena sabato 14 e domenica 15 maggio alle ore 21.15 sul palcoscenico del prestigioso teatro palermitano, .
Chi ha inciso maggiormente sulla sua formazione di danzatore e quali sono state le esperienze artistiche passate che hanno caratterizzato la sua carriera professionale?
“La mia formazione di danzatore è avvenuta tra l'Italia e la Francia, ma riconosco che gli insegnamenti del Maestro Dan Moisev a Parigi sono stati sicuramente i più significativi. Devo molto a lui che mi ha avviato al mondo professionale della danza dopo un’ intensa formazione. Presto infatti ho interpretato ruoli da primo ballerino in Italia, al Balletto di Toscana e all'estero. Ho trascorso molti anni in Svezia dove ho ballato per il Goteborgs Operan Ballet, in Belgio con la compagnia Ballet Royal de Wallonie ed in Svizzera con lo Stadttheatre di Berna”
Nei suoi spettacoli lei fa spesso riferimento ai temi del disagio psichico, soprattutto quello femminile e alle problematiche sociali . Ci vengono alla mente i suoi precedenti lavori: “Il cece nel secchio”, un trattato sulla vera identità della follia, “Il tango della depressione, un quadro ironico sul disagio coniugale, “Il Racconto della Sposa”, una finestra sulla condizione sociale femminile, “Spostamento obbligato”, un’attenta riflessione sulla problematica dell'emigrazione dei popoli, fino a “ Bobby Sands,” una denuncia sulla condizione dei prigionieri politici dell'Irlanda
“Il mio mestiere è quello del coreografo e sentirmi socialmente attivo mi aiuta a rendere utile questo mestiere che altrimenti mi annoia. Creare spettacoli che abbiano qualcosa da dire, da denunciare o da ricordare è ciò che da senso al mio lavoro. La danza come intrattenimento la trovo insensata e di poco valore”
Perché è caduta proprio sul personaggio mitologico di Medea la scelta per indagare sulla psiche femminile?
“In realtà non ho voluto indagare sulla psiche femminile in generale. Non sono uno psicologo e non ho la pretesa di sapere particolarmente di psicologia. Ho voluto attraversare per un attimo la mente di una donna tradita, comprenderne il comportamento e ironizzarlo. Ho viaggiato attraverso l’anima di una donna ferita, assetata di vendetta. E chi meglio del personaggio di Medea racchiude in sé tutto ciò? Medea per me è una qualsiasi donna che arde, si corrode per aver ricevuto un torto imperdonabile e disposta ad uccidere i suoi figli per sete di vendetta. Tuttavia il mio viaggio nella psiche femminile non è raccontato da una donna ma da un uomo: Giasone, accusato dalla donna non capirla, di non comprenderla. Infliggendogli dunque la peggiore delle vendette: “vestire i suoi panni”.
In che modo lei ha cercato di attualizzare il personaggio nel suo viaggio nella follia?
“La follia di Medea è già attualissima e la mia scelta scenica è quella di una Medea che sarà perennemente attuale. Non è una Medea di ieri o di oggi ma una Medea di sempre”
Nei recenti fatti di cronaca lei trova riferimenti al tema trattato nel suo spettacolo?
“Purtroppo il disagio psicologico di Medea non si è mai fermato, tanto che oggi, tale patologia è definita clinicamente “complesso di Medea”. E’ ricorrente sentir parlare i media di simili tragedie. Madri che ammazzano il proprio figlio, madri che si uccidono insieme al figlio e madri che sfogano il loro disagio psichico con aggressività nei confronti dei figli. Occorrono spiegazioni psicoanalitiche molto profonde per capire cosa spinge una donna in conflitto con il suo coniuge a sacrificare la “carne della mia carne”
Dove affondano le radici del suo personalissimo linguaggio coreografico che propone lavori caratterizzati da un’estrema fisicità e personalità dei danzatori?
“Le sembrerà strano ma le radici del mio linguaggio coreografico affondano proprio nella terra. E' la terra che in genere mi dà l'ispirazione e nient’altro. In genere parto da lì e poi cerco di dare delle risposte alle mie curiosità attraverso studi di matematica, fisica, filosofia...”
Ad aprile lei ha proposto un seminario di danza contemporanea ad Altamura, il “Flounce Up”, un seminario a numero chiuso al quale accedono i migliori danzatori che lei incontra nel suo percorso. Si ritiene soddisfatto del risultato?
“Si è conclusa da poco la quarta edizione e sono più che soddisfatto. Il mio obiettivo è quello di offrire la possibilità ad un ristretto numero di danzatori di approfondire lo studio della danza contemporanea attraverso il mio personale metodo di insegnamento. Quest'anno ho avuto allievi dal Piemonte, dalla Sicilia, dalla Puglia, dal Lazio dall'Inghilterra e dal Cile. In genere la mia soddisfazione la ricevo in sala quando vedo i primi risultati e soprattutto quando i miei allievi intraprendono una bella carriera con le più importanti compagnie europee”.
Lei oggi è considerato uno tra i più affermati docenti di danza contemporanea, ospitato da Aterballetto, Scenario Pubblico, Opus Ballet e altri prestigiosi centri di formazione professionale. Ci racconti brevemente i suoi progetti futuri
“Nella prossima primavera la mia compagnia debutterà con un nuovo spettacolo per una notevole ed importante coproduzione. Alcuni dettagli sono ancora da esaminare ma il progetto e già stato vagliato e quasi completamente definito. Per quanto riguarda la formazione, oltre a proseguire la mia collaborazione con i centri con i quali da svariati anni ho raggiunto una consolidata intesa lavorativa, per la prossima edizione del Flounce Up abbiamo in mente un progetto molto più ampio e corposo”.
Oltre alla sua, può citare compagnie e coreografi che maggiormente si distinguono nel panorama della danza contemporanea in Italia?
“Ho molta stima di alcuni dei miei colleghi italiani e sono un forte sostenitore della qualità dei nostri danzatori. Direi che l'Italia è un importantissimo bacino di talenti, professionisti e artisti di grande valenza. Non a caso, le più rinomate compagnie nordeuropee e non solo, vantano la presenza di ottimi danzatori italiani di formazione italiana”.
Prima di congedarci una sua considerazione su come è stata accolta dagli spettatori questa nuova edizione di “Una danza in Sicilia” e cosa si potrebbe fare di più per divulgare questo genere artistico, spesso ingiustamente considerato di nicchia
“Direi che la risposta del pubblico siciliano è stata molto calorosa. “M.Carne della mia carne” come “La pelle del popolo nudo” sono spettacoli molto chiari che mettono il pubblico nella condizione di non dover capire o cogliere nessun messaggio velato se non quello che è fisicamente e vocalmente già raccontato nel corso della performance. Nei miei ultimi spettacoli ho voluto affiancare il teatro alla danza perchè lo ritengo possibile. Mi piace che il pubblico possa riflettere sulla condizione della donna o sulle esperienze di quei giovani che hanno combattuto per la libertà. Gli spettatori non devono essere costretti a decifrare messaggi nascosti. Credo che questo sia fondamentale per non allontanare il pubblico dagli spettacoli di danza”.