sa20
aprile
MOTOMIMETICO
A.S.V.
Cercasi complici liberi per Zia Clotilde Party.
Concept
/ Coreografia collettiva / Testi / Sound / Costumi - Emma Scialfa,
Pucci Romeo
Attori
- Paola Mandel, Orazio Alba
Danzatori
- Dominique Cavallaro, Alessandro Caruso, Giuliana Cocuzza, Simona
Fichera, Silvia Filippi, Monika Gravagno,Melissa Gramaglia, Agata
Messina
Dj
set - MotoMimetico sound point a cura di Puccino e Scialfaust
Produzione
- MotoMimetico - Majazé
do21
aprile
BOLERO
(Girare
significa ritornare su se stessi, ripetersi - Marius Schneider)
coreografie
e disegno luci Emma Scialfa
musiche
eseguite da Trio Aptal – Giorgio Rizzo, Marco Corbino, Vassily
Kakos
ideazione
e creazione video Claudio Fausti con il contributo di Mercè Gost
danzatori
Giuliana Cocuzza, Simona Fichera, Giada Scuderi
composer
Maurice Ravel redfield/nordice rapresented by Durand s.a.
con
il contributo e in collaborazione con
APTAL,
Ass. Nuovo Mondo Teatro E. Piscator
Majazé
– Magazzino Culturale
A.S.V.
Cercasi complici liberi per Zia Clotilde Party.
Con
il Contributo della Regione Sicilia, Ass. Turismo, dello Sport e dello Spettacolo.
Performance
di danza - teatro, dj set, dance floor e torta.
Il
progetto che stiamo sviluppando, punta allo scardinamento delle
regole coreo-compositive storicamente date. Il nostro approccio non
mira alla creazione di una performance unica e ripetibile bensì,
alla creazione di eventi solitari nei quali i materiali, i suoni, i
colori, gli odori, i sapori, i rimandi generativi tracciabili, creano
una nuova grammatica verso la costruzione di dell’azione.
Zia
Clotilde è quel personaggio/soggetto/fantasma che inseguiamo ma che
non si fa irretire. Sguscia, attraverso segmenti di senso e rivoli
possibili, perché sensibile a culture, odori, sapori, suoni;
un’entità sinestetica che dipana l’azione attraverso la
coreografia come mezzo e non come fine. ll suo viaggio continuo, dà
luogo a miriadi di incontri che ne determinano il senso apparente
solo nelle possibilità rizomatiche che la curiosità genera in
infinite eventualità.
Zia
Clotilde è un FORMAT. Un contenitore dove i differenti linguaggi
confrontandosi, di volta in volta, attendono, ribaltano,
costruiscono, nuovi pigli di composizione e dialogano fra loro.
Il
centro non è l’ipotesi narrativa e/o affabulatoria quanto il suo
puntare, senza un racconto «aprioristico», verso un “esterno”
che vampirizza il personaggio che, a sua volta, elabora e non
subisce.
BOLERO
Spettacolo
commissionato dall’Ass. Nuovo Mondo alla compagnia MotoMimetico e
presentato al Teatro Erwin Piscator di Catania in occasione della 24a
rassegna di danza Nuovi Movimenti.
Bolero
prende il via dalla celebre partitura di Maurice Ravel, brano
universalmente noto, caratterizzato dalla struttura ossessivamente
ripetitiva nel ritmo e nella melodia e dalla timbrica costruita
secondo sovrapposizioni crescenti, che conducono la curiosità
dell’ascoltatore a individuare con lo sguardo lo strumento che
viene via via ad aggiungersi agli altri già interpellati.
La
celebrità e la chiarezza del risultato sonoro non sembrano dare
spazio a ulteriori parole. Maurice Ravel si nascondeva dietro un velo
di semplicismo: «piccola cosa» diceva «più che altro un esercizio
di orchestrazione». In effetti, la scrittura del Bolero è
fortemente disarmante. Le caratteristiche di base sono facilmente
riassumibili andando da un livello percettivo più generico a uno più
particolare: ostinato ritmico, ripetizione ciclica della melodia,
sovrapposizione progressiva del totale sinfonico, tonalità fissa e
determinata di do maggiore, scansione accentuativa regolare, quindi
nessuna sorpresa durante il percorso dell’ascolto se non la
modulazione conclusiva strappa-applauso. Un meccanismo sonoro che non
lascia proprio nulla da dire, come osserva Marco Buccolo nella sua
analisi del Bolero, dal titolo Sul Bolero di Ravel. Cronaca di
complessa semplicità. Nel rispetto della partitura di Ravel, della
composizione originale e delle magistrali esecuzioni prodotte dal
primo significativo debutto all’Opéra di Parigi nel lontano
novembre del 1928, così come di tutte le creazioni coreografiche di
grande fattura, abbiamo deciso di affidare l’esecuzione dell’opera
in versione acustica al trio italo- greco Aptal, composto da GIORGIO
RIZZO (flauto ney e percussioni darbuka, zarb, bendir, dumbek), MARCO
CORBINO (chitarra acustica e fretless) e VASSILY KAKOS (tzouras,
baglama). La rielaborazione è stata indirizzata verso una riduzione
musicale per un trio di musicisti e un trio di danzatrici: una
versione dell’opera meno imponente ma che costituisce una grande
sfida sul piano dell’orchestrazione e della costruzione
coreografica, come delle immagini affidate al regista romano CLAUDIO
FAUSTI. Idea guida di quest’impresa è stata rintracciare una
tensione dialettica tra riduzione all’essenziale e sviluppo delle
radici espressive dell’opera: LA RIPETIZIONE, IL RITMO/RITO, LA
MELODIA/TEMA.
Danza
e bolero, un tentativo di leggerezza
La
primordialità
— Lévi-Strauss
direbbe
“il
crudo”
— è
cercata
nel
Bolero
di
Ravel
quasi
con
affanno.
L’orchestrazione,
come
Ravel
la
concepisce
per
l’operazione
Bolero,
è
ridotta
a
un
semplice
fatto
di
“mestiere”
che
qualsiasi
allievo
compositore
dovrebbe
saper
compiere.
Quel
“mestiere”,
segno
di
sproporzione
tra
tecnicismo
e
idee
fin
troppo
evidente
per
i
maestri
del
Conservatoire
che
l’hanno
pluribocciato
al
Prix
de
Rome,
è
assunto
da
Ravel
come
punto
di
partenza:
concentrando
la
propria
azione
sul
suono
piuttosto
che
sulla
forma,
egli
ritorna
all’essenza
degli
elementi
costitutivi
della
musica.
Questo
è il senso ricercato anche nella nostra lettura. Lontana dalla
costruzione coreografica come esercizio di stile e di composizione,
“l’intenzione” vuol giungere all’osso della ricerca che Ravel
ha affrontato componendo il Bolero, ovvero la ripetizione come
simbolo e alternanza dall’astratto al concreto.
Come
sostiene Marco Buccolo:
«La
danza veste quest’opera di gestualità, la rende comunicazione
esplicita, visuale, e anche implicita, cioè rituale. In questo senso
Bolero è ipnotico. La scelta di Ravel di comporre su elementi così
minimi, essenziali, primordiali, porta immediatamente la sensazione
di ascolto ad un campo che sfugge alla reazione cosciente, non
diversamente da situazioni in cui vengono adottati altri ritmi con la
stessa funzione».
In
questa prospettiva concludiamo quindi con una citazione di Marius
Schneider:
«Il
ritmo
musicale
non
è
un
fenomeno
puramente
intellettuale,
bensì
una
forza
psicofisica
che
trasforma
i
movimenti
corporali
in
esperienza
psichica
e,
viceversa,
fornisce
un
contrappeso
corporale
alla
sensibilità
spirituale.
L’uomo
stesso
è
oggetto
del
proprio
ascolto.
Ma
ciò
che
conta
è
il
modo
con
cui
ascolta:
se
cioè
si
lascia
afferrare
da
ciò
che
ascolta,
oppure
se
si
lascia
soltanto
sfiorare
da
esso.
L’ostacolo
più
grave
all’influenza
del
ritmo
è
frapposto
dalla
nostra
mente
troppo
analitica,
a
cui
va
imputata
la
definizione,
inadeguata
e
addirittura
falsa,
secondo
cui
il
ritmo
è
la
“divisione
aritmetica
del
tempo».
Emma
Scialfa