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lunedì 14 febbraio 2011

Secondo appuntamento al Garibaldi di Enna, si ripete il successo

 Enna. Successo al teatro Garibaldi per Giovanna Velardi in “Clown”

Quando è il pubblico a chiedere che continui lo spettacolo.. E’ accaduto  al Teatro Garibaldi, di Enna per lo spettacolo di Giovanna Velardi “Clown”, secondo appuntamento del progetto “Una danza in Sicilia”. La rappresentazione ha visto emergere in poco più di 40 minuti un miscuglio di sentimenti e dinamiche di coppia che devono aver innescato una miccia di riconoscimento in molti dei pochi presenti perché nel crescendo di burle, balletti classici o isterici da burattino, crescevano le ovazioni e lo stupore dello spettatore che non poteva certo godersi  lo spettacolo dalla neutralità della propria poltrona.. perché di tanto in tanto la coppia: Velardi- Muscarello, invadeva la platea e chi vi siedeva, per renderli ancor più partecipi dei loro tormenti d’amore. Tra musiche soavi, a tratti scordate a tratti antiche, altre ancora inquietanti, una mimica particolareggiata e una danza soave hanno espletato per l’appunto le dinamiche di coppia, che vanno dall’innamoramento,ai primi incontri d’amore tersi di affetto, disponibilità, eccessiva attenzione quasi verso l’altro, sino a voler cambiare l’altro secondo la propria volontà e quindi al sorgere delle prime dolci conflittualità; alla passione quasi erotica e necessaria, ed infine alla perdita dell’altro: la separazione.

E’ stata proprio la separazione a far male, quella tra lo spettatore e gli attori. Usciti di scena fra calorosi applausi, gli interpreti  Giovanna Velardi e Giuseppe Muscarello, sono rientrati più volte sulla scena per raccogliere rinnovati applausi e richieste di proseguimento.
Ma come  si fa a proseguire dopo una separazione?
Bisogna piuttosto ricominciare, con un nuovo spettacolo, un pubblico più folto, e un sostegno politico-culturale ancora carente nella tanto fervente città di Enna.

 Intervista a Giovanna Velardi
 

    
Clown”, è lo spettacolo che porti per l’Italia da un qualche anno, perché la clowneria abbinata alla vita di coppia?…Intervista a Giovanna Velardi
C’è un’ironia di fondo. Ho preso spunto dagli accadimenti sentimentali degli ultimi 10 anni: amiche, colleghi, parenti, hanno vissuto una serie di separazioni che mi hanno  palesato  un disagio sociale legato all’impossibilità di comunicare rispetto a un’onestà di sentimenti che ognuno pone in essere. E quello che potevo fare, tramite una maschera, era esprimerlo in uno spettacolo rendendolo  e non angosciante; se accettassimo  da ambo le parti una  diversità dettata tra l’altro dalla stessa natura , sarebbe tutto più vivibile.
Il tuo percorso comincia in Italia, per proseguire in Francia, e tornare nuovamente in Italia, cosa ti ha motivato a migrare prima e tornare poi?
Tutto parte da un desiderio, ma credo anche che quando le cose sono sentite veramente in profondità arrivino all’esterno e qualcosa accade: avrò avuto 20 anni e sono stata invitata da una compagnia a lavorare in Francia, ad Avignone e poi mi sono stabilita  a Marsiglia. Tornando in Italia dopo più di 10 anni,  dovuto ricominciare perché non c’è  la possibilità di confrontarsi qua in Sicilia con costanza e sentirsi parte di un mondo che è quello europeo, non quello italiano, come accade all’estero. E’ già  difficile sentirsi parte dell’Italia: dove spesso le cose non arrivano, non si sa cosa succede nel Nord o al Centro. Ho dovuto quindi ricominciare a studiare una nuova tecnica di approccio al movimento, al fisico e al corpo.
-  In Francia sviluppi la tendenza a lavorare sull’improvvisazione. Come si rende metodo l’improvvisazione?
L’improvvisazione ti dà l’opportunità di trovare una gestualità coerente a un tema e di avere un movimento più libero ed espressivo, anche più di sorpresa perché stupisci te stesso e quindi qualcosa in più passa all’esterno. Io ho trovato  la possibilità tramite la sperimentazione e l’improvvisazione di esplorare un universo un po’ onirico, fatto di  marionette, burattini e maschere.
- Questi ultimi costituiscono quindi il tuo  linguaggio coreografico di riferimento
Ma spero che non sia mai niente di decisivo, certi modelli li trattieni durante un percorso per poi svilupparsi in altri ambiti. Tutto
sta nel cercare sempre qualcosa.
L’identità attraverso  le forme teatrali d’espressione è  ad oggi riconosciuta?
Si abbastanza, spesso si chiama in causa il fatto che non c’è più la suddivisione dei generi: teatro, danza, musica, tutto si mescola in un’opera d’arte. E’ questa la nuova frontiera, pur dovendo ogni settore, mantenere la propria specificità.
- Che ruolo ha la cultura attualmente nel nostro Paese al centro tra l’altro di numerose manifestazioni di protesta a difesa dei teatri per esempio?
Lo stato attuale della cultura è disastroso, questo disastro si avverte già da 4 anni a questa parte. C’è una situazione di autodistruzione che so protrarrà ancora per molto; quando si poteva fare qualcosa per tamponare la “crisi” sotto tutti gli aspetti, non lo  si è fatto perché siamo un Paese legato allo stato di emergenza,  o forse l’Europa non sa ancora spartire bene le risorse e a guadagnarci poi sono in pochi per nulla generosi. Per me il problema è politico, la nostra classe dirigente andrebbe scandagliata di molto e conseguentemente selezionata e poi dovrebbe capire cos’è la politica culturale.
- Il rischio è che vengano sostituiti da dei pari..
Esatto, il problema è l’alternativa, non c’è voglia, forse per  stanchezza, di mettersi in gioco perché si pensa che la politica sia qualcosa di marcio, invece può voler dire investire delle risorse sul proprio contesto piuttosto che andare a cercare lavoro e non trovarne, forse è un mondo che potrebbe essere utile per  tutti quello della politica. Qualcosa va scardinato, va rivoluzionato dalle fondamenta, ma per  farlo bisogna rinunziare a qualcosa di sé, fare dei sacrifici.
- Oltre ad essere un’artista, ti fai anche portavoce della tua categoria, sei attualmente “Commissario consultivo tecnico esperto di danza al Ministero dei Beni e attività culturali e dello spettacolo dal vivo”. In poche parole?
Il Ministero dà sostegno per merito alle Compagnie di Produzione, ai Festival più rappresentativi, a dei progetti speciali, all’Accademia Nazionale di Danza. E’ anch’esso un sistema molto vecchio che fa capo a una legge che andrebbe rivista se disponessimo di risorse , e quindi accade che ci sono compagnie che da decenni prendono finanziamenti, altre che non si riesce a far entrare nel sistema, mi riferisco alle compagnie più giovani. Quindi resta uno scarto, che si traduce in disillusione e migrazione, forse presto migreremo in Oriente, nei Paesi dell’Est, forse saranno loro i nuovi Paesi ricchi.

Aurica Livia D’Alotto
Foto Maria Catalano